I Passionisti alla SS. Annunziata,
a Firenze e nel suo territorio

Sul monte Argentario si affaccia sulla laguna il bel convento della Presentazione, casa madre dei Passionisti. Fu il luogo scelto tra il 1733-37 da San Paolo della Croce, fondatore di questa congregazione che meditò la Passione di Nostro Signore e la diffuse ovunque con le case claustrali o entrando nella vita familiare e professionale dei laici.
Ebbe il suo grande sviluppo dopo 1850, raggiungendo il massimo di religiosi tra 1908 e 1996 e il culmine nel 1967. Predicando nelle “missioni” attraversò le campagne toscene e i piccoli centri che ne rappresentarono l’anima.
Tutto questo mentre la società si agitava in mezzo a sconvolgimenti politici, come la fine del ducato di Lucca nel 1847 e del granducato nel 1860, e tumulti, conquiste civili, guerre, dittature, genocidi ...
Con spirito fermo, la gente di campagna rimase fedele alla sua religiosità e alle feste dei propri santi. Accolse sempre i Passionisti, ascoltando volentieri le loro prediche sulla Croce e la salvezza dell’anima.
Né i padri si tirarono indietro. Dall’ultimo ventennio del secolo XIX, nei tempi di maggior sconforto, aumentarono la frequenza delle missioni, con grande preparazione.
Non fu raro in campagna, verso la fine della predica, assistere anche ad un piccolo colpo di scena: la statua della Madonna portata in chiesa come segno della misericordia divina e incoraggiamento all’eloquenza dei predicatori.

Gli archivi conservano i registri delle missioni. P. Adriano Spina li ricorda nel libro Le predicazioni dei passionisti in Toscana. I registri dei ministeri dal 1828 al 1902, Roma 2007. Comprendono quelli, purtroppo incompleti, del Ritiro di Firenze, fondato nel 1889, e citano i principali missionari in Toscana: i pp. Adalberto Martelloni di Firenze, Giovanni Testi di Sovigliana († 1912), Gaetano Guidi di Partino (Pisa, † 1925) e Celestino Nerici di Crasciana di Lucca († 1908) dall’aspetto “che pareva un angelo” e dalla voce dolce e persuasiva.
Il p. Adalberto, il p. Pietro Paolo Moreschini e il p. Celestino predicarono nel 1901 alla basilica della SS. Annunziata. E – si scrisse –: “ci fu molto concorso, riuscì bene. L’ultimo giorno fu piantata una magnifica croce nel chiostro del convento”.
In modo più circostanziato relazionò il p. Celestino, che sentì anche la necessità di abbandonare gli argomenti retorici e predicare il puro vangelo: per questo “l’udienza non diminuì, anzi andò sempre crescendo, di giorno in giorno [...] allo scender dal palco, molti si affollarono intorno per baciar loro le mani e il mantello.
A metà della missione fu portata la SS. Comunione agli infermi della parrocchia con l’intervento della compagnia del SS. Sacramento e con numeroso popolo, ognuno portando in mano torce e candele accese [...] per dove passava il sacro corteo, tutti si scoprivano il capo e piegavano il ginocchio e i tram elettrici sospendevano la loro corsa.
In ultimo fu innalzata nell’interno del magnifico chiostro, da quella parte che immette nella Basilica, una croce di legno, lavoro approvato dalla commissione delle Belle Arti.
In quella occasione il p. Adalberto disse alcune parole e finì con questo epifonema: “Fiorentini vi raccomando questa croce”.
Il tempo è passato e l’esortazione è stata seguita in modo parziale perché del manufatto nel chiostro grande non vi è più traccia.

In città i Passionisti predicarono le missioni in Santa Felicita (1895) con l’intervento l’8 dicembre del cardinale arcivescovo Agostino Bausa che per circa quattro ore comunicò 6000 persone; in Santa Maria Maddalena (1897); in San Gaetano (maggio 1828), in San Michelino (maggio 1846, 1850, 1855, 1863) con frutto “assai abbondante”; in San Frediano (1842); nella suburbana di San Giusto (1901); e in San Giorgio (1898) dove si risentì della paura seguita ai tumulti di tutta Italia.
Il 6 maggio anche a Firenze c’era stata una manifestazione di socialisti, anarchici e lavoratori e, davanti alla folla minacciosa, le forze dell’ordine avevano aperto il fuoco e ucciso tre persone, ferendone una ventina e compiendo molti arresti.
Ma, come dicevamo, i Passionisti non si fermarono. Oltre che in città, portarono le missioni in campagna dove l’affluenza del popolo fu quasi sempre straordinaria.
Andarono a Empoli (1852) e vi restarono per 17 giorni; a Galluzzo (1899) con la gente stipata in Santa Lucia; a Giogoli (1897) con la processione per l’innalzamento della Croce “imponentissima”; a Grassina (1895) dove gli uomini del “club socialista” disertarono – ma vennero le donne che “si confessarono tutte”.
Andarono anche a Impruneta (1902), luogo in cui ci furono delle dimostrazioni cattoliche contro i socialisti che invitavano a disertare la predica; a Lucignano (1894); a Paterno (1885) dove fu istituita la confraternita della Passione “giacché in quel paese non ve n’era alcuna, per cui non si trovava chi seppellisse i morti e chi servisse alla chiesa e massime nelle processioni”.
Altri luoghi di missione furono Piazzano (1897), dove accorsero pure i forestieri; Pontassieve (1870) nel quale i predicatori rimasero delusi dalla poca gente presente, “a causa dei tumulti che accaddero”; San Piero a Sieve (1852) verso il quale, nonostante le nevi e i ghiacci, le persone viaggiarono di notte compiendo 15 o 20 miglia per confessarsi dai missionari.
Così fu anche per San Vincenzo a Torri (1851) con i popoli circonvicini che, nonostante la stagione pessima, furono assidui alla divina parola e alla confessione.
Ugualmente a Certaldo (1899) e alla processione finale parteciparono circa 3000 persone con “le varie confraternite, le dame della carità, le guardie d’onore di Gesù sacramentato, i terziari francescani, i luiginicoi loro vessilli e un immenso popolo che mai si era veduto in paese”.
A San Casciano Valdipesa (1900) invece tutto il popolo si radunò la sera sulla piazza e dopo aver cantato le laudi “ruppe in un fragoroso applauso per i missionari e colle lacrime agli occhi pregavano che non si partissero da loro ...”.
Tanti altri furono i paesi del territorio fiorentino citati nei registri. Per conoscerli rimandiamo al libro del p. Spina e accenniamo solo, al fine di sapere qualcosa di più sull’epoca, ai ritiri spirituali nell’Istituto delle Suore di San Paolo della Croce a Castel di Signa o paese “della beata Giovanna” (1883, 1885, 1887, 1892, 1895) dove le religiose dedicavano alla cura delle fanciulle abbandonate.

Paola Ircani Menichini, 2 aprile 2022.
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